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VOLEVO SOLO ESSERE UNA PERSONA FELICE

Raccontaci chi sei.

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Ciao, mi chiamo Claudio Longo ho 32 anni e mi occupo di ristorazione. Grazie al mio mestiere dinamico ho avuto modo di specializzare la mia passione per il cibo in diversi ambienti e luoghi in Italia. Avendo cominciato sin da adolescente, ho lavorato nella mia terra sino all’età di 26 anni, quando successivamente incantato dall’idea di scoprire una nuova ventata d’ispirazione, sono partito per una meta diventata un crocevia per molti giovani: Londra.

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Come hai vissuto nella Big Smoke?

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In terra anglosassone dopo mesi di duro lavoro ho sostanzialmente compreso che in me era nata una prima convinzione che potessi trovare finalmente un connubio tra la cucina e una delle mie più grandi passioni: il viaggio. 

Non saprei dirti sinceramente cosa mi spingeva a pensare ciò, o quale atto di incoscienza cominciava a manifestarsi in me, ma il contatto con quella nuova realtà mi ha dato modo di avere un primo reale approccio del mio vero me stesso: pretendere con tutte le mie forze un nuovo atteggiamento per reinventare la mia storia. A costo anche di stravolgerla completamente, pur di sentire il brivido di una nuova competizione tra me e miei limiti. Sostanzialmente quel primo vero viaggio mi diede una convinzione di autostima maggiore e una sensazione che potessi abbattere sul serio le mie barriere restrittive.

Perciò rivestito da questa nuova onda motivazionale che cominciava a impadronirsi di me, rivoluzionando il mio pensiero, ho cominciato a mettere in atto uno per uno tutti i miei desideri fuggitivi. Ho lasciato Londra dopo un periodo fantastico, seppur molto breve a dir la verità. Soltanto 6 mesi, ma, nel mio caso davvero molto intensi dove nell’intermezzo non è di certo mancato un contatto più diretto con la mia volontà sentirmi sempre in movimento. Diverse sono infatti le mete europee che ho raggiunto dallo snodo centrale della capitale inglese e, per ogni piccolo obbiettivo raggiunto c’era una parte di me che sognava e realizzava la certezza che anch’io potessi farcela. Non saprei dirti fino a quel momento quale meta tra Norvegia, Svezia, Francia, Belgio, Olanda, Irlanda mi abbia dato di più. Quel che era certo, è che più ascoltavo me stesso e più realizzavo la certezza di sentirmi bene.

Qual’è stata l’avventura che allo stato di oggi credi che ti abbia cambiato di più?

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Se mai qualcuno dovesse chiederti qual’è la tua parola di riferimento, cosa risponderesti?

Io ho sempre creduto fermamente nel desiderio. Ci pensi? Il desiderio è quel sentimento che cresce in noi, ciba la nostra anima di un fuoco vivo per ardere e alimenta di voglia il nostro sguardo di guardare oltre il nostro orizzonte visibile. “Desiderare” un’esperienza vissuta con un contatto più diretto con le mie ragioni, era la voglia più pulsante, durante quel tempo cosi spensierato, quanto legittimo di una sana consapevolezza che i miei doveri cominciavano a mettere in gioco una partita ben più importante: il mio futuro.

Cercavo risposte dalla vita, dettagli importanti, emozioni semplici, contatti umani e brividi sconosciuti. Perciò conclusi che camminare per 900 km attraversando da un punto estremo all’altro di una nazione era l’unico modo per fermare il mio tempo e cibare di memoria il bisogno di rendere più concrete le mie riflessioni. 

Il cammino di Santiago è stato per me un affondo nella verità, un’esperienza capace di mettermi a nudo e specchiarmi al cospetto di un’immagine di me capace di riflettere attraverso quei passi, un ragazzo che sentendosi quasi immune dalle inutili sciocchezze quotidiane, diveniva del tutto consapevole che potesse spingersi ancora più in la: oltre quello che non sapeva.

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Dopo cosa hai fatto?

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Semplice, da quel momento ho fortificato le mie idee e sono andato avanti. Ormai non è avevo più per nessuno. La mia nozione acquisita dalla vita, basata su un puro concetto di ricerca, a base di “pane ed emozioni” aveva del tutto rivestito il mio corpo di un’armatura nuova. Quello che più di ogni altra cosa fremeva nella mia mente era la voglia di dare valore al mio tempo e far si che esso finalmente fosse dalla mia parte. 

In termine di viaggi e di nuove destinazioni, la Spagna è stato il luogo che in quel momento della mia vita mi ha dato la fortuna di averla incontrata in una fase cosi delicata quanto vogliosa di semplicità. Perciò al termine del cammino, decisi di trasferirmi in una piccola località costiera in Andalusia per ritrovare del tutto quel calore e quel tocco sano di umanità, da me tanto ambito.

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Potrei rifarti la stessa domanda precedente, anche perché ho la sensazione che qualcos’altro fremeva nei tuoi pensieri.

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Certamente la voglia di fermarmi in un luogo per viverci definitivamente non è mai stato in cima alla lista dei miei desideri. Anzi a dirti la verità questa cosa mi ha sempre fatto un po’ paura. Non riuscirei a darti una definizione con certezza, ma il pensiero di condividere una parte di tempo troppo lunga con le stesse persone, con gli stessi luoghi, con le stesse abitudini mi ha sempre spaventato a morte.

Forse questo si è manifestato in me come una vera indole, o forse mi sono preso troppo gioco della vita tirando sempre la mossa a rilancio, come se fosse una vera e propria partita a poker.

A ragione di questo, o forse non del tutto sazio delle mie scoperte, ho proseguito ancora, e dopo un’estate stupenda a contatto con un sole che tornava a scaldare i miei piedi da ragazzino incosciente, ho preso un volo diretto per l’Indonesia per trascorrere un mese in solitaria nell’isola di Bali.

 

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Cosa hai imparato a contatto con una cultura cosi distante dalla nostra?

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C’è una cosa su tutte che dal primo all’ultimo momento, a contatto con quella popolazione non mi ha mai abbandonato, e mi ha fatto riconoscere con più certezza la madre di tutti i valori: l’entusiasmo. 

Ho avuto modo di osservarli e viverli in svariate circostanze. Durante le loro faticose giornate lavorate nelle piantagioni di riso, nelle nuove costruzioni edili sotto temperature torride, oppure nella vita di città dove minuto dopo minuto, mentre andavano a guadagnarsi con sudore il loro pane quotidiano, notavo con una dannata insistenza che l’entusiasmo era sempre, e poi sempre, parte del loro atteggiamento primordiale. Credo, che se un popolo che vive a contatto con una visibile situazione di povertà, riesca a non farsi sopprimere dalla stessa e dal loro canto riescano a far vincere la motivazione per la vita, hanno già vinto. Hanno vinto per valore espresso, hanno vinto per esempio dimostrato e per maturità. Hanno vinto e basta!

In base a quali sensazioni scegli la tua prossima avventura?

 

L’esperienza di Bali per me non è stata una semplice vacanza per evadere su una spiaggia cristallina. Cercavo altro per me, un contatto umano appunto che potesse specchiarmi e darmi ispirazione per quello che volevo sentire.

La parola “viaggio” per quanto mi riguarda potrebbe fidanzarsi con quella “sogno”. È cosi che sostanzialmente cerco confronto e ispirazione per collocare me stesso in nuovo luogo. Un viaggiatore ha sempre una lista di destinazioni da compiere, proprio come mia madre ha la lista per andare a fare la spesa. Per entrambi ogni appunto su quel pezzo di carta è frutto di un'esigenza, di un bisogno da soddisfare e in qualche modo di uno scopo da portare a termine.  

L’unica differenza è che per me ci vorranno anni.

Ma da quanto tempo sei in viaggio?

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Ormai sono 5 anni che mi muovo, direi senza sosta, alla ricerca continua di nuovi spunti e di colori da rubare, per dipingere il fresco paesaggio del mio spirito, sempre perennemente assetato. 

È stato un periodo bellissimo, che passo dopo passo mi ha dato conoscenza e ha svelato i miei dubbi, trasformando una parte delle mie paure in coraggio da sfida. Sembrerà molto strano questo, ma il mio segreto in questo caso è stato “non porsi obbiettivi fissi”. Nel momento in cui il desiderio di andare via premeva in me,  io non potevo fare altro che ascoltarlo e realizzarlo. A cavallo di questo atteggiamento, figlio anche della mia imprevidenza, ho scoperto che il contatto con la mia stessa vita fosse diventato più diretto e sincero.

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Come hai mantenuto le tue esigenze in tutto questo tempo?

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In questi lungi anni ho continuato a fare il mio mestiere di Chef in numerosi contesti nel mondo. In un certo senso, almeno in questa cosa tra tutti i miei dubbi quotidiani, credo di essere stato coerente con me stesso. Credo di aver rispettato a pieno la volontà che potessi fare il mio lavoro ovunque e cibare allo stesso tempo di sogni la mia vita.

 

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Verso quali direzioni del mondo hai virato successivamente?

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Dopo l’importante esperienza in Indonesia, sono tornato in Europa e mi sono mosso verso l’Islanda. Era da tempo che mi affascinava “ la terra del niente “ e grazie alla sua maestosità e al suo punto geografico ebbi finalmente il grande piacere di osservare la mia prima aurora boreale.

Ancora, al termine di ciò sono tornato in Andalusia per vivere lì la mia seconda estate a ritmo di sole e flamenco. Ho lavorato li per cinque mesi, e intanto già da qualche tempo fremeva in me l’idea di fare un vero salto verso l’infinito: la vera sfida con me stesso era alle porte. Perciò grazie ad un volo che prima mi ha aperto le porte dell’Oriente con un affondo in Giappone, al termine di quella bellissima settimana a suon di arte e cultura, e dopo una sosta brevissima in Malesia, il confine di un nuovo continente non era più una vaga intenzione. L’Australia era li, maestosa, desertica e gigantesca.

Ho vissuto e lavorato i miei primi 6 mesi a Perth, nella capitale più isolata al mondo, e per il restante semestre al termine di un bel viaggio on the road, ho concluso il mio anno di permanenza ai tropici, nel Queensland, in quella che è stata un’esperienza stravagante e differente.

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Non eri ancora sazio?

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In un certo senso si, ma il destino a volte è ambiguo, e proprio mentre stavo organizzando il mio pronto ritorno in Europa con una sosta in Cina, e proprio da Pechino concludere il mio rientro a casa con la transiberiana, ricevetti una telefonata da un mio carissimo amico che viveva a New York, e che su due piedi mi propose di andare a lavorare per lui in un ristorante a Brooklyn. Non ci pensai neanche per un attimo. Giusto il tempo di cancellare dalla mia mente il rientro a casa con la tratta ferroviaria più lunga al mondo, che mi trovai con un biglietto di sola andata per la grande mela.  

Ma aspetta un momento! 

A dir la verità in quel momento possedevo due biglietti aerei, di cui il primo di questo, era diretto verso un luogo paradiso che non avrei potuto escludere senza se. Avevo pochi giorni soltanto a disposizione, ma le Hawaii mi stregarono a tal punto da tenermi incantato e affascinato per tutto lo spettacolo che ebbi la fortuna di vivere.

Cosi, successivamente mi trovai trapiantato nella madre di tutte le metropoli: New York.

Un luogo che non ha eguali. Una città che porta a se un concentrato di impressioni e fascino cosi elevato da non darti immediatamente la cognizione di dove realmente tu ti trovi. Tutto scorre in maniera cosi veloce, dinamica e folle da trasformare la tua vita in quella della pellicola di un film. Semplicemente, per 3 lunghi mesi ho vissuto all’interno di un set che ogni mattina mandava in scena “ la mia vita e miei sogni appesi”. Tutto era pura realtà, anche se io stesso facevo fatica a crederci!

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Hai continuato ad accudire i tuoi sogni?

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Giunto a quel punto avevo bisogno di una pausa per somatizzare tutto il tempo vissuto; perciò dopo aver lasciato gli States, ho trascorso un mese in Sicilia, dove ad attendermi c’era il proseguo di un progetto nella quale credevo tantissimo. Infatti durante questi lunghi anni di viaggi ho sempre cibato il mio tempo di una passione che in un certo senso è stata la mia arma di consapevolezza: la scrittura. Perciò durante il mio rientro breve in Italia, c’è stata la perfetta chance di riuscire a finire il mio primo romanzo di viaggio, dove racconto la storia di un ragazzo in cerca della propria identità nel mondo.

 

Perché hai cominciato a scrivere?

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Non si può spiegare con una definizione precisa come nasce una passione. Io credo che nel mio caso tutto sia nato cosi spontaneo e naturale da non accorgermene neanche. In primis colloco senz’altro il bisogno di incidere qualcosa che andasse oltre un normale pensiero, che poi al contrario, se non l’avessi fatto, sarebbe volato via lasciandomi solo. Sostengo, che scrivere sia come vivere un contatto molto più intimo e affascinante con una parte di noi stessi. È come costruire una collana ed ogni perla contiene una sensazione vissuta, un atteggiamento preposto, un’emozione che meritava di essere timbrata con l’inchiostro di una penna. 

Inoltre, quando ho cominciato, credo che il motivo che mi ha indotto, sia stata la necessità di trovare il coraggio di abbattere i miei silenzi e non avere più segreti non svelati. Era giunto il momento di fare un passo verso me, verso le mie voci che urlavano dentro.

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Hai mai pensato nella tua vita ad una destinazione dove vivere più a lungo?

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Probabilmente questo è stato il dilemma più grande che mi ha sempre caratterizzato per questo lungo tempo. Sono stati 5 anni in viaggio dove ho vissuto perennemente con questa domanda e pensa che ho dato cosi tanto peso a tutto ciò, da aver trovato ispirazione per scriverci anche un libro. Persino la mia famiglia, i miei amici più stretti e a volte anche il cane a scadenza fissa mi chiedono quale sarà la prossima mossa, o quando deciderò di fermarmi per vivere una vita essenzialmente meno frenetica. 

La verità e che non posso risponderti davvero. Io nel mio spirito di adattabilità sono stato bene ovunque. Ho incontrato gente fantastica che mi ha tatuato di valori, e mi ha deviato la mente con storie basate su vita e avventure di strada. Mi sono confrontato con svariate culture cosi distanti da me, ma allo stesso accomunate da un unico denominatore: il sorriso. Forse in tutti questi anni sono solo andato alla ricerca di quello. Nient’altro che una goccia di sano spirito che avrebbe potuto farmi sentire fiducia. Fiducia per spingermi oltre ciò che non sapevo e prendere la direzione verso un valle sconosciuta che nel suo verde fiorito profumava di imprevedibilità.

Tutto ciò che ho fatto è stato prendere quella strada per seguire quel profumo, che tutt’ora allunga la sua scia inebriante. 

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Quali sono i tuoi obiettivi?

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Se ti dicessi che “ascoltare me stesso” è tutto quello che mi ha solo e sempre interessato credo che non mentirei affatto.

Poi credo che da quella semplice frase si dirami un mondo di intenzioni e volontà che possono valorizzare ogni singolo atteggiamento. Ma se partiamo sempre da questo presupposto si possono fondare ottime riflessioni per procedere verso la verità.

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Dove ti trovi in questo momento?

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Dopo aver terminato il mio libro, sono tornato in una delle destinazioni che più di ogni altra mi stava chiamando: la Norvegia e le sue vedute fiabesche meritavano di essere vissute con tutto l’entusiasmo di un vero e proprio inizio di favola, e dopo una bellissima esperienza lavorativa a Bergen ed una cavalcata emozionante sino a Capo Nord, un nuovo aereo mi condotto prima in Thailandia per conoscere Bangkok, e poi di nuovo nel continente d'Oceania. Infatti, in questo momento mi trovo mi Nuova Zelanda per vivere la continuazione di un viaggio che mi ha aperto le porte di una nazione terribilmente naturalistica ed affascinante.

Quello appena concluso si può decretare senza nessun dubbio un altro anno bellissimo. Un anno dove libertà e decisione hanno creato un’unione talmente forte da darmi più consapevolezza dei miei mezzi.

 

 

Hai particolari consigli per chi voglia intraprendere una nuova avventura come la tua?

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Il consiglio più sano che posso dare è senz’altro quello di non escludersi da una vita che ogni giorno ci passa davanti con la sua bellezza sconfinata. Vivere una sana competizione con noi stessi, vuol dire ragionare sui punti che ci stanno più stretti, radunare le energie necessarie e cominciare a combattere verso qualcosa che coltivi i nostri reali interessi.

Insomma, se siamo nati per rincorrere qualcosa, tutti noi dobbiamo assicurarci il diritto di vivere la libertà di credere nel nostro pensiero: quello che preme proprio lì dentro di te, con una pulsazione ed una energia che attende il tuo urlo per venire fuori, prenderti per mano e condurti lungo l’orizzonte a te destinato.

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Una volta un mio amico mi ha detto: “ Claudio, ogni volta che l’aereo stacca il carrello e decolla io rinasco, e sai perché? Mi sento finalmente vivo…”.

Se hai sensazioni, opinioni o consigli da darmi sarò felice di leggerti e risponderti. Mi piace l'interazione.

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